L’emergenza derivante dal Covid19 ha messo a dura prova il sistema sanitario italiano ma ha anche accelerato la sua trasformazione digitale e organizzativa. Ciascuna struttura sanitaria ha dovuto considerare ed introdurre procedure organizzative per consentire ai dipendenti di lavorare in modalità agile.
Modalità che spesso precedentemente in molti casi era stata non applicabile o comunque con diffidenza. Il settore medico-sanitario, è solo uno dei molti settori in cui l’emergenza sanitaria Covid-19 ha richiesto un ripensamento del classico modo di lavorare e interagire con colleghi, collaboratori e pazienti, portando alla ribalta concetti quali smart working, comunicazione a distanza e telemedicina come conseguenza del distanziamento sociale e dell’importante ruolo svolto. Avendo come obiettivo principale quello di assicurare la continuità della cura e mantenere un dialogo costante a dispetto della distanza all’interno di sistema sanitario sempre più sotto pressione in conseguenza della pandemia ha accelerato il processo di adozione, da parte sia di strutture sanitarie pubbliche che private, di piattaforme di collaborazione e comunicazione unificate (UCC – Unified Collaboration e Communication) con le quali mettere in collegamento persone, risorse, dati e soluzioni.
Una piattaforma di collaboration flessibile, in grado di gestire una situazione sanitaria decentralizzata in cui le risorse sono sparse tra vari enti, luoghi e persone (il medico ospedaliero, il medico di base), permette al personale sanitario di comunicare con maggiore efficacia con il paziente, di migliorare le efficienze operative e la redditività dell’azienda ospedaliera. Come ha dichiarato il direttore generale del Policlinico Giovanni Migliore di Bari: “[…] lo sviluppo di una piattaforma informatica dedicata ci permette di inserire stabilmente la televisita tra le prestazioni erogabili. In questo modo gli specialisti possono lavorare anche in smart-working e seguire meglio i pazienti, alternando visite in presenza e televisite. L’emergenza Covid in realtà ha solo accelerato la trasformazione in Smart Hospital del Policlinico di Bari, un processo iniziato da oltre un anno e che è uno dei nostri obiettivi strategici”.
L’emergenza sanitaria derivante dal coronavirus ha segnato di fatto un significativo cambio di passo nell’opinione del personale sanitario, e non, rispetto all’utilizzo di strumenti digitali di comunicazione nelle interazioni con propri colleghi e collaboratori sia con il paziente, soprattutto verso quegli strumenti più innovativi come le piattaforme di collaboration ed i vari canali di contatto che possono mettere a disposizione.
Telemedicina: un aiuto concreto per il sistema sanitario
Il Covid19 ha dato infatti un’accelerazione alla telemedicina che sarà difficile ignorare in futuro. È ormai chiaro come la telemedicina possa rappresentare una soluzione essenziale in un futuro sempre più contactless ed a rischio lockdown per assicurare l’assistenza sanitaria e limitare gli spostamenti non solo durante le emergenze. L’aumento in velocità e stabilità delle telecomunicazioni e l’IoT hanno moltiplicato le opzioni disponibili per la gestione delle strutture sanitarie, il controllo a distanza delle apparecchiature mediche, il teleconsulto e le videochiamate. Mediante una piattaforma UCC è oggi possibile per medici di ospedali diversi condividere e scambiarsi facilmente informazioni, mentre il paziente può contattare lo specialista più esperto per il suo caso attraverso videoconferenza, messaggio privato o prendendo appuntamento online 24/7. Secondo le previsioni di crescita della telemedicina, nel 2025 l’assistenza sanitaria di base e il monitoraggio di routine verranno effettuati a casa, con oltre il 70% delle persone che avrà provato almeno una volta a interpellare il proprio medico tramite video-consulto.
Secondo il prof. Sergio Pillon, membro del gruppo di lavoro sulla digital health delle European Public Health Alliance ed esperto presso l’Istituto Superiore di Sanita sulle Tecnologie Innovative in Sanità Pubblica, sono almeno quattro gli ambiti in cui la telemedicina può aiutare il sistema sanitario nel gestire soprattutto la fascia di popolazione over 65 e i pensionati. Se da un lato la digitalizzazione degli ultrasessantenni è in costante crescita, ne permane la fragilità sanitaria quando portati a frequentare ambienti come gli studi medici, le farmacie, i pronto soccorso. Tramite una piattaforma unificata di collaborazione e comunicazione è possibile fornire a questi pazienti servizi come la televisita, che può essere live mediante videochiamata o in modalità “store and forward”, ossia si mandano le analisi e il medico risponde con una valutazione. Con il telemonitoraggio i parametri vengono acquisiti autonomamente dal paziente tramite un dispositivo connesso e valutati in diretta o in maniera asincrona dal medico/infermiere che in caso di bisogno attivano una televisita. Tramite la telecooperazione sanitaria è, invece, possibile far collaborare a distanza due o più professionisti, mentre infine la teleassistenza abilita il supporto da remoto a soggetti fragili e disabili, assolvendo un compito non strettamente sanitario ma più socio-sanitario.
La telemedicina, quindi, può essere uno strumento fondamentale che permettere di migliorare le interazioni, la connessione fra pazienti e medici e la capacità di accesso alle informazioni sanitarie migliorando quindi la qualità della vita dei pazienti e rendendo migliore e più capillare sul territorio il servizio che le istituzioni sanitarie sono chiamate ad offrire, al di là dell’emergenza.
Oltre la telemedicina: come cambia il lavoro nel 2020
Peekaboo, la principale community di innovatori in Italia che si occupa di formare start-up e di aiutare le aziende a innovarsi, ha rilevato un forte aumento di richieste di digitalizzazione nei settori messi in crisi durante la pandemia e che ora sentono, più di tutti, la necessità di effettuare una trasformazione digitale. Sono circa 90 le nuove start-up nate tra Roma e Milano in ambito medico-sanitario, le piattaforme per effettuare le spesa online e per gestire le code hanno avuto un incremento del 500% e il food-delivery è cresciuto del 45% a Milano e del 40% a Roma (dato di marzo 2020 rispetto a marzo 2019).
Abbiamo visto ormai chiaramente come anche la digital transformation delle aziende ha subito un’accelerazione e i prossimi 12 mesi saranno vitali per far sì che le realtà imprenditoriali – dalle PMI alle corporate più consolidate – completino quella transizione digitale in grado di abbracciare i nuovi scenari commerciali e professionali imposti dalle conseguenze della pandemia. Il ricorso forzato causa pandemia allo smart working rappresenta però per le imprese un’enorme opportunità di rendere ordinario ciò che è stato adottato in via emergenziale, mettendo in atto una riorganizzazione aziendale degli spazi e dei tempi in grado di cementare il concetto di lavoro agile e distanziarsi da quello di telelavoro. Nello smart working la prestazione lavorativa viene erogata in un arco di tempo definito dal datore di lavoro ma senza vincoli stringenti di tempo o di luogo, mentre il telelavoro prevede solitamente l’uso di una postazione fissa diversa da quella dell’ufficio ma con ritmi di lavoro predefiniti e poco flessibili. Nello smart working il rapporto tra il datore di lavoro e il dipendente è focalizzato sul raggiungimento di obiettivi e risultati, con il dipendente che può contare su incentivi quali l’annullamento dei tempi di spostamento e un migliore bilanciamento tra i ritmi lavorativi e della vita privata.
È chiaro che l’applicazione dei concetti chiave dello smart working come orientamento al risultato, migliore efficienza, soddisfazione dei dipendenti non possono che aiutare a migliorare le performance e la comune percezione di un sistema sanitario al quale tali parametri vengono tradizionalmente imputati proprio come mancanti.
Forse più che in altri settori in quello sanitario il ruolo delle tecnologie e del digitale è fondamentale per aumentare la resilienza e garantire l’operatività continuando ad offrire prestazioni ad una utenza sempre più remota ed a rischio di contagi.
Le tecnologie digitali possono fare la differenza in tutte le fasi di contatto con il paziente ma prima di tutto permettono di assicurare operatività e continuità di cura alle strutture sanitarie.
Senza dimenticare la possibilità di attrare giovani laureati così come scienziati portando competenze ed esperienza virtualmente anche nella struttura sanitaria più remota.
Lo smart working in particolare permette l’operatività da remoto di tutto il personale, medico e non ,garantendo all’azienda operatività anche nei momenti critici ma soprattutto quella flessibilità, efficienza e produttività che possono permettere anche alle aziende sanitarie di affrontare con successo le sfide dell’era digitale e le crescenti pressioni che pandemie, invecchiamento della popolazione, inquinamento, cambiamenti climatici etc pongono in maniera crescente sui sistemi sanitari in tutto il mondo.
Articolo di Massimo Palermo per avaya.com